Negli ultimi anni si accosta lo sciamanesimo a un numero infinito di pratiche, come lo yoga, il reiki, il pensiero positivo, gli angeli, l’astrologia e la lista potrebbe continuare a lungo. A volte nemmeno si contempla quello che è stato il fulcro intorno al quale esso si è originato, quella che io amo definire appunto arte rituale. Pratiche visionarie fondate sul canto, la danza, gli strumenti percussivi, l’interpretazione poetica di miti e storie, il tutto intrecciato con produzioni artistiche e artigianali, come l’incisione rupestre, la tessitura, il ricamo, la pittura, la realizzazione di pani e dolci, la creazione di maschere e statuine, la decorazione di altari con fiori, frutta, perline e altri materiali naturali.
Questa creatività non ha mai avuto l’obiettivo di rispondere semplicemente a un bisogno estetico, ma è un modo di onorare la vita, la morte e le entità dei regni invisibili che appaiono durante sogni, viaggi, preghiere. Le offerte di questo tipo richiedono una lunga preparazione basata spesso su tecniche ripetitive, una ritualità a cui si lavora con dedizione e apertura del cuore e che conduce a stati di trance affini alla meditazione profonda.
L’alto significato dello sciamanesimo non risiede quindi nello sviluppo di doti fantasmagoriche, come ci hanno fatto credere un certo tipo di letteratura occidentale e alcune frange del mondo olistico, ma ritrova nel dono, nel ringraziamento e nella celebrazione le sue parole chiave (1).
È solo dopo aver appreso tali concetti con il corpo e il cuore che riusciamo a rieducare la nostra mente e impariamo a creare una vera comunicazione con la natura e con i mondi “altri”.
È alla luce di questi concetti che, per partecipare ai seminari proposti, si richiede del tempo da dedicare alla preparazione. Non si tratta semplicemente di “fare il viaggio sciamanico” o di sentire qualcosa di diverso; la comunicazione inizia molto prima dell’esperienza del “viaggio” e non si chiude con essa, se abbiamo lavorato con intento.
I rituali svolti secondo i principi descritti sono il cuore di questo percorso spirituale e generalmente sono momenti di profonda condivisione collettiva, oppure se individuali, intime esperienze di contatto interiore. Ad ogni modo a livello personale ci aiutano a disperdere l’energia razionale in eccesso, quel continuo lavorio della mente che porta allo sfinimento e alla mancanza di radicamento nella realtà. A livello collettivo ci insegnano a stabilire relazioni di gruppo cooperative al di là della parola, del credo politico o religioso.
(1) Per un approfondimento di questa visione, si consiglia la lettura dell’ intervento al convegno internazionale “Le Radici del Dono”. Clicca qui per leggere l’intervento.