In occasione del 22 luglio, data in cui ricorre il giorno di nascita di Maria Sabina, pubblico un estratto del mio libro “Donne Sciamane”, in cui narro la sua storia di sciamana mazateca, l’uso sacro e rituale dei funghi psilocibinici e l’incontro con R. Gordon Wasson, che risvegliò l’interesse del mondo occidentale per queste sapienze antiche. Con tutti i benefici e gli effetti di collisione culturale del caso.
INIZIO DELL’ESTRATTO:
In Occidente non solo l’utilizzo dei funghi psilocibinici è stato cancellato dalla storia, ma non ne è rimasta nemmeno una traccia simbolica. La loro “ri-scoperta” è avvenuta negli anni ’50 dello scorso secolo ad opera dei coniugi Valentina Pavlovna e R. Gordon Wasson.
Valentina, di origine russa, aveva una certa predilezione per i funghi, anche di quelli che in Occidente sono definiti tossici, ma che sciamane e sciamani siberiani consumano comunemente per le loro sessioni di guarigione. Mi riferisco all’affascinante Amanita muscaria, dal cappello rosso puntinato di bianco. Wasson da buon occidentale non comprendeva e non condivideva la passione della moglie e presto la coppia si trovò a constatare che esistevano culture “micofobe”, che temevano i funghi, e culture “micofile”, che adoravano questi vegetali. Questo fu il pretesto per cominciare una ricerca durata tutta la vita sull’uso dei funghi psicoattivi nell’ambito della letteratura, dell’arte e della religione. Verso la metà degli anni ’50 Robert Graves, poeta, mitografo e studioso delle culture antiche della dea, riportò ai Wasson la notizia dei ritrovamenti di diverse centinaia di statue fungo nelle zone tra Messico, Guatemala ed El Salvador. Guidati dall’entusiasmo, i coniugi decisero di compiere una spedizione in Messico, nella provincia di Oaxaca, sulla base degli studi dell’etnobotanico Schultes, il quale aveva riscontrato in quella zona l’uso religioso dei funghi.
Qui avvenne l’incontro con una sciamana nahuatl, Maria Sabina, che permise loro di partecipare a una serie di veladas, sessioni di guarigione in cui i funghi venivano ritualmente consumati dai partecipanti alla cerimonia.
Nella sua biografia Maria Sabina racconta di averne mangiati per la prima volta all’età di sei-sette anni, qualche giorno dopo aver partecipato a una velada organizzata per la malattia di un suo parente. Lei e la sorella erano sulle montagne a badare alle galline, sofferenti di fame e di freddo, quando, a un certo punto, Maria riconobbe i funghi che erano stati utilizzati durante la veglia dei giorni precedenti e decise di raccoglierli e di dividerli con sua sorella.
Dopo aver mangiato i funghi la nostra testa girava, come se fossimo un po’ ubriache e ci mettemmo a piangere; ma poi il senso di vertigine passò e ci sentimmo molto felici. Più tardi ci sentimmo bene. Fu come un nuovo impulso alla nostra vita. Così lo sentii. […] Più tardi ho saputo che i funghi erano come Dio. Che davano saggezza, che guarivano le malattie, e che la nostra gente li mangiava da tantissimo tempo. Che avevano potere, che erano il sangue di Cristo. Anni più tardi, quando rimasi vedova, per la seconda volta, mi consacrai per sempre alla saggezza, per curare le malattie e per essere sempre vicina a Dio (1). […] In verità sono nata con il mio destino. Essere una Sabia. Essere la figlia dei niños santos.(2)
Dopo sei anni di matrimonio e tre figli con il primo marito, rimase vedova e cominciò a mangiare nuovamente i funghi per guarire se stessa dai dolori postumi alle gravidanze. Durante il matrimonio non aveva più consumato i niños perché, secondo le usanze mazateche, bisogna rispettare l’astinenza sessuale quattro giorni prima e quattro giorni dopo il rito e temeva che questo avrebbe potuto compromettere il suo matrimonio. Maria Sabina mise da parte le sue arti magiche e rimasta sola lavorò duramente per mantenere la sua prole. A quel tempo sua sorella si ammalò e dopo aver chiamato inutilmente diversi guaritori, vedendola versare in gravi condizioni, decise di prendere alcuni funghi. Guidata dagli stessi, cominciò a massaggiarla e a cantare per tutta la notte. La sorella dopo aver perso molto sangue e molta acqua, “come se stesse partorendo”, si addormentò. A quel punto Maria dichiarò di aver avuto una visione in cui le fu dato in dono un libro, il Libro della Saggezza.
“Ecco gli Esseri Principali…” Capii che i funghi mi stavano parlando. Provai una felicità infinita. Sul tavolo degli Esseri Principali apparve un libro, un libro aperto che s’ingrandì fino a raggiungere le dimensioni di un uomo. Sulle pagine c’erano delle scritture. Era un libro bianco, tanto bianco che risplendeva. […] Il libro era davanti a me, potevo vederlo, ma non toccarlo. Tentai di accarezzarlo, ma le mie mani non toccarono nulla. Mi limitai a contemplarlo e cominciai subito a parlare. Allora mi accorsi che stavo leggendo il Libro Sacro del Linguaggio […] imparai la Saggezza del Libro. Dopo, nelle mie successive visioni, il Libro non mi è più apparso perché ne conservavo ormai il contenuto nella memoria.
A partire da questo episodio cominciò a essere riconosciuta come una grande guaritrice, ma solo dopo il secondo matrimonio, altre sei gravidanze, di cui cinque finite tragicamente con la morte dei figli, ed essere rimasta vedova per una seconda volta, si dedicò completamente alla sua missione sciamanica. La sua vita fu dolorosa e segnata fino alla fine dalla povertà, ma Gordon Wasson dichiarò che la sua personalità “non era alla nostra portata”, che la sua vocazione religiosa era genuina e meritava il riconoscimento di tutto il Messico. I Wasson resero la “Sabia” famosa in tutto il mondo e negli anni ’70 dello scorso secolo, il piccolo villaggio messicano fu invaso da moltissimi giovani alla ricerca dei funghi psichedelici. Il mondo occidentale assetato di esperienze ludiche, uccise secondo Maria Sabina il potere dei niños, e lei morì nella disperazione e con il terribile senso di colpa di aver tradito le antiche tradizioni segrete della sua gente.
La storia di Maria Sabina mi ha sempre affascinato. La sua figura suscita in me l’idea della vera sciamana, piena di amore e di compassione per il mondo, forte e mite, donna montagna e donna stella cometa.
Mi sembra importante ricordarla, nell’assenza di modelli di riferimento spirituali significativi in cui noi donne ci troviamo a vivere e spero che serbarne memoria come esempio di una donna vissuta in modo sacro, che non aveva in sé “né sporcizia, né polvere”, possa rendere più quieto il suo riposo.
Riporto, qui di seguito, qualche estratto dei resoconti scritti delle sue veladas, testimonianza di meravigliosi versi di canto poetico.
Sono la donna che pulisce con l’erba, dice (3)
Sono la donna che ripara, dice
Sono la donna che nuota, dice
Sono la nuotatrice sacra, dice
Sono la nuotatrice padrona, dice
Sono la nuotatrice più grande, dice
Sono la donna battello, dice
Sono la donna stella mattino, dice
Madre che ha la vita
Madre che si culla, dice
Madre di brezza
Madre di rugiada, dice
Madre che genera
Madre che si alza in piedi, dice
Madre di latte
Madre con mammelle, dice
Madre fresca
Madre tenera, dice
Madre che alleva
Madre verde
Sono donna che guarda dentro, dice
Sono donna che esamina, dice
Sono donna che piange, dice
Sono donna che fischia, dice,
Sono donna che tuona, dice,
Sono donna che è strappata, dice
Sono donna saggia in medicina, dice,
Sono donna che conosce le erbe, dice
Tu sei donna luna,
Donna grande stella, donna stella croce
Donna stella Dio
Morena Luciani Russo
Estratto da DONNE SCIAMANE, Venexia Editrice.
NOTE:
(1) In Messico questo antichissimo culto è divenuto sincretico, dopo le invasioni spagnole.
(2) Niños santos, era il nome con cui Maria Sabina chiamava i piccoli funghi. Tutte le citazioni biografiche dal libro: A., Vita di Maria Sabina. La sciamana dei funghi allucinogeni, Savelli Editore, Milano 1981, pp. 35-39.
(3)“Dice”, sta per la voce del fungo che parla.