Le Antiche Dee e i Tamburi a Cornice: la Ricerca di Layne Redmond

Articolo di Morena Luciani Russo

Le locuzioni PEC (prima dell’era comune )e EC (era comune) sostituiscono rispettivamente le sigle A.C. e D.C per evitare riferimenti ad una specifica religione.

Com’era il mondo quando le donne suonavano i tamburi?

Probabilmente un posto migliore, perché gli esseri umani erano liberi di attingere alla conoscenza attraverso vie estatiche, le società erano circolari e non piramidali e dominanti, la vita era armonica con i cicli della Terra e del cosmo.


Layne Redmond, ricercatrice e sacerdotessa del tamburo a cornice, ci racconta in “Quando le Donne Suonavano i Tamburi”, del percorso che le donne e il ritmo sacro delle percussioni hanno condiviso dai tempi più antichi al Medioevo, delle vicissitudini che ne causarono l’ interruzione e di come la riscoperta del Sacro Femminino ci stia portando a rinnovare questo patto ancestrale.


Signore della nascita e della morte, signore dei semi che germogliano, del grano che nutre, delle bestie selvagge e delle montagne, le dee e le antiche sciamane sono raffigurate spesso con in mano un tamburo a cornice.
A Çatal-Hüyük , una dei più antichi insediamenti neolitici dell’Anatolia, troviamo la prima raffigurazione di tamburo della storia e anche la dea assisa sul trono con i leoni accanto, colei che in tempi più tardi diventerà la vera Regina del tamburo, Cibele.

Signora sul Trono di Catal Huyuk, 6000 PEC

Le tre antiche civiltà fluviali, sorte tra il 4000 e il 3000 PEC, quella della Valle dell’Indo, quella egiziana e quella sumera ci mostrano come il tamburo a cornice emerga dalle religioni del Femminile Sacro della preistoria. Sappiamo che la popolazione di Çatal-Hüyük era composta da diverse etnie alcune delle quali sono state ritrovate ad Harappa, in Mesopotamia e anche in Egitto, culture che mostrano una somiglianza di simboli e mitologie le quali delineano un sistema di credenze condiviso.

La Grande Madre preistorica assunse il nome di Inanna in Mesopotamia, di Hathor in Egitto e di Usas e Lakshmi in India. Tutte e tre indossano secondo la Redmond “copricapi con le corna o delle corone che rappresentano la luna crescente, simbolo del principio naturale del ritmo, collegato al ciclo mestruale e al potere rigenerativo della dea”.
Sciamane e sacerdotesse del tamburo rituale suonavano per far germogliare i semi, per celebrare la luna, per invocare la pioggia, per accompagnare il parto e allo stesso modo le anime dei morti. Suonavano per portare guarigione durante i rituali, per profetizzare, per scandire i ritmi stagionali della natura.

Suonatrice di tamburo, Cipro VI Secolo PEC


In particolare nell’area mediterranea è stato ritrovato un grande numero di statuine e bassorilievi che raffigurano suonatrici di tamburo, sacerdotesse di Inanna, di Cibele, di Hathor, di Rea, di Artemide e di Afrodite, donne che usavano il tamburo all’interno di templi e luoghi sacri. In Asia Minore, in Grecia e a Roma, queste donne venivano chiamate Melissai o Melissae, sacerdotesse collegate al potere profetico delle api e del miele fermentato. Interessante rilevare che il Bendir, tamburo a cornice del Nordafrica, presenta tuttora alcune corde al suo interno che vibrano nel momento in cui viene suonato, questa vibrazione era probabilmente comune nelle pratiche di queste suonatrici rituali che richiamavano l’energia sciamanica delle api.
“Virgilio ha descritto anche un modo per attirare uno sciame di api a un nuovo alveare, adescandole con erbe profumate e fiori: quando una colonna di api fluttua nelle vicinanze, bisognerebbe suonare il tamburo e il cembalo di Cibele per attirarle.”


Cibele, conosciuta in epoca classica come la Madre degli Dei, era una dea di origine anatolica-frigia, il cui culto era caratterizzato da trance estatica e danze sfrenate, a lei donne e uomini suonavano tamburi, castagnette e flauti. Si trattava della stessa Signora sul Trono che a Çatal-Hüyük veniva raffigurata affiancata da due felini e che assunse i nomi di Kubaba, Dindimene, Rea/Arianna, Dichtinna, Berecinzia, in funzione del luogo in cui il culto si stabiliva. (1)

Cibele con tamburo e leone, II sec. PEC

I leoni che aveva al suo fianco, talvolta in braccio, erano i guardiani dei regni della coscienza che compiva il suo viaggio nelle altre dimensioni, quelli che oggi chiamiamo “alleati sciamanici”. Lei era la Signora della Natura Selvaggia, “l’iniziatrice verso più alti livelli di consapevolezza”. Inizialmente il suo luogo sacro era la montagna, rappresentata poi nel suo trono, veniva raffigurata con una corona merlata in testa, la torre fortificata che simboleggiava “la città stessa, le cui mura, come il paesaggio naturale, nascevano dal suo ventre per proteggere i suoi figli”, la stessa corona che cinge la testa della nostra Italia. Cibele ebbe infatti, una grande importanza nella nostra terra, fin da quando nel 205 PEC i romani importarono la pietra sacra dall’Anatolia, il meteorite che la rappresentava e la posizionarono sul Palatino. Molte delle feste del Sud Italia, ora dedicate alle svariate Madonne e in cui i tamburi a cornice sono ancora protagonisti, sono collegati proprio agli antichi culti di Cibele.


Quando il cristianesimo si diffuse a Roma, il tempio di Cibele venne distrutto e in quella stessa area venne eretto il Vaticano, il centro spirituale della Chiesa Cattolica. Questo ci dà la misura di quanto fosse importante il culto di Cibele nelle vite delle nostre antenate e dei nostri antenati.
Il cristianesimo fu il maggiore responsabile dell’anatema imposto sui tamburi e soprattutto sulle donne che danzavano e suonavano durante i rituali, un’abitudine che non si perse facilmente e che continuò fino al XIII secolo EC. Dopo non fu più possibile per le donne essere parte delle cerimonie sacre, ma molta della sapienza antica della dea non fu mai estirpata del tutto e si riversò nei culti mariani. Maria divenne Regina del Cielo come Inanna e Madonna delle Grotte e delle Montagne, luoghi in cui le persone andavano in pellegrinaggio, proseguendo il culto della montagna e delle acque sacre.


È quasi un viaggio iniziatico quello che Layne Redmond ci fa vivere attraverso le pagine di questo libro, una ricostruzione storica puntuale e una collezione di centinaia di immagini che mai nessuno/a aveva messo insieme prima e che ci riconsegnano un patrimonio inestimabile del nostro passato spirituale e rituale.


Lessi “Quando le donne suonavano i tamburi” più di dieci anni fa e dedicai un intero paragrafo del mio libro a questa ricerca preziosa, cercando con Luciana Percovich di farlo tradurre in italiano nella collana “Le Civette” di Venexia, ma allora non erano disponibili i diritti di autore ed era tutto molto complicato. Nel frattempo avevo contattato Layne Redmond per farla venire in Italia per un seminario, ma la sua malattia era già in stato avanzato e non riuscimmo a combinare l’incontro. Purtroppo l’anno successivo Layne lasciò il corpo e in me la grande tristezza di non averla conosciuta di persona. Sono molto felice che Venexia editrice abbia finalmente pubblicato questo testo, anche grazie alla traduzione delle donne del collettivo siciliano Trizzi Ri Donna.

Layne Redmond


Questo articolo è il mio omaggio al lavoro prezioso di una grande suonatrice di tamburo, una melissa moderna che ha aperto un varco prezioso per tutte e tutti noi, mostrandoci una via alla dea attraverso il suono e la vibrazione sacra.
La rinascita dell’uso rituale del tamburo è cominciata da tempo e sono certa che questo libro porterà tante nuove persone a conoscere i benefici che questo strumento può portare nelle nostre vite, per il nostro benessere interiore e per la costruzione di comunità umane che tornino a celebrare la Terra, la Luna e tutto il cosmo.

NOTE:

Tutte le citazioni del presente articolo sono estratte dal libro “Quando le Donne Suonavano i Tamburi”, Redmond L. , Venexia Editrice (Roma 2021).

(1) Cibele viene spesso associata ad Attis, narrato a volte come figlio o come amante castrato della dea. In realtà Attis non compare prima della metà del quarto secolo PEC e fu inserito come dio in Grecia, in una forma ellenizzata e urbana del culto originario. Vedi “In Search of God the Mother” di Lynn E. Roller.


DONNE E TAMBURI: IMPLICAZIONI TERAPEUTICHE, SPIRITUALI E POLITICHE

ARTICOLO DI MORENA LUCIANI RUSSO

PARTE I

Tra le svariate arti femminili dell’antichità va annoverato l’uso del tamburo, che come ben testimonia la vasta letteratura etnografica è, insieme ai sonagli e ai campanelli, uno dei fondamentali strumenti utilizzati da donne e uomini per accedere agli stati sciamanici di conoscenza.

Il tamburo sciamanico per eccellenza è a cornice, con la pelle su uno o entrambi i lati.  Il suono prodotto da questo strumento permette di comunicare con gli spiriti alleati e di viaggiare attraverso i mondi invisibili. È come un’ancora di salvezza che la/o sciamana/o utilizza per compiere il viaggio di ritorno nel suo corpo e/o per uscire dallo stato di trance (1).

Sciamana della regione siberiana di Krasnojarsk, 1780

Dal punto di vista scientifico il suono del tamburo segna un incremento delle onde cerebrali Alfa e Theta. Le prime sono  le frequenze in cui si attivano maggiormente i collegamenti tra i due emisferi e si giunge a stati di benessere e rilassamento , le seconde sono responsabili di modificare la coscienza ordinaria verso immagini di tipo ipnagogico, estatico, facilitando stati di grande creatività. Il tamburo ha quindi un grande impatto sul cervello degli esseri umani e non è un caso che abbia un ruolo prioritario nelle cerimonie sciamaniche.

Oggigiorno nei nostri paesi occidentali si parla molto di mindfullness e di altri tipi di meditazione come risposta a stati di stress ed ansia, ma quasi mai si accenna agli effetti terapeutici della pratica  del tamburo, in particolar modo quella collettiva.

Negli anni ’80 dello scorso secolo, Sandra Harner e Warren Tyron, in  seguito ad un esperimento di shamanic drumming, hanno riportato che dopo mezz’ora di pratica, le persone sottoposte al test, testimoniavano un considerevole aumento dei tassi di immunoglobuline parallelamente all’aumento di tranquillità e di equilibrio fisico e mentale, sensazioni di accresciuta forza, soddisfazione e autostima.

Una decina di anni dopo, il neurologo Barry Bittman pubblicò una ricerca in cui dimostrava che l’uso del tamburo di gruppo, non agiva solamente sul piano psicologico, ma era in grado di aumentare le risposte immunitarie dei/lle partecipanti, ma soprattutto l’attività delle  cosiddette cellule natural killer, quelle che all’interno del nostro corpo ricercano e distruggono le cellule cancerose o infette da virus.

Anche la ricerca dello psicoterapeuta Robert L. Friedman porta nella medesima direzione : l’uso del tamburo induce miglioramenti decisivi in pazienti affetti da malattia di Alzheimer, Autismo, Morbo di Parkinson e svariate malattie autoimmuni.

Fin dai tempi più lontani il tamburo è stato utilizzato per scopi rituali e terapeutici, in particolar modo dalle donne. Nella società attuale questo può apparire inusuale, le percussioni sembrerebbero utilizzate maggiormente dagli uomini, ma è interessante notare che i primi tamburi a cornice di cui abbiamo testimonianza risalgono a una pittura rupestre di Çatal Hüyük, insediamento neolitico matriarcale ( 5600 a.C.)in cui, come dimostrato dalla ricerca archeo-mitologica, si celebrava la dea in particolare come Signora della Vita, della Morte e degli Animali e le donne avevano un ruolo molto importante nella vita rituale e religiosa.

Layne Redmond, percussionista e studiosa dell’uso del tamburo da parte delle donne nell’antichità afferma che:

la musica ritmica sembra essere stata particolarmente importante nei riti associati alle antiche dee. Scene di gruppi di donne musiciste, cantanti e danzatrici appaiono nelle più antiche rappresentazioni di rituali religiosi. Il tamburo a cornice era il centro musicale e psichico di questi rituali.  Dall’Egitto alla Valle dell’Indo, da Cipro a Creta, come dalla Grecia a Roma, sacerdotesse e altre donne ufficianti utilizzavano il tamburo a cornice per celebrare le loro dee e l’infinita energia ritmica della vita (REDMOND 1997)

È importante sapere che anche il primo suonatore di tamburo di cui si parla nella storia è donna. Visse nel 2380 a.C. e il suo nome era Lipushiau, nipote del re Naram Sim e alta sacerdotessa del tempio della luna di Ur.La cultura sumera produsse inoltre numerose statuine raffiguranti donne e dee che reggono tamburi tra le mani. Secondo il celebre storico della musica Walter Wiora queste prime testimonianze del mondo sumero sono proprio la derivazione di una precedente tradizione neolitica.

L’uso del tamburo da parte delle donne è stato riscontrato anche nell’Antico Egitto. Nel complesso templare di Dendera, costruito  in onore della dea Hathor, esisteva un luogo chiamato mammisi, una sorta di santuario di nascita dove le donne si recavano per partorire. Su una parete dell’edificio sono raffigurate trentadue sacerdotesse che suonano il tamburo a cornice e sul lato opposto altre ventinove che stringono tra le mani lo scettro e il sistro, versione egiziana del sonaglio.

Mammisi, Tempio di Dendera

Secondo la Redmond  le donne conoscevano alcuni ritmi che favorivano le contrazioni uterine e il tamburo accompagnava e proteggeva il passaggio alla vita.

Parallelamente tutta l’area mediterranea presenta reperti, statuine e bassorilievi che raffigurano suonatrici di tamburo. In particolare emerge la rappresentazione della dea Cibele, l’antica dea anatolica, diretta discendente della Signora degli animali di Çatal Hüyük. Il culto di Cibele venne assorbito prima dai Greci e poi dai Romani e il fatto che fosse generalmente ritratta con in mano il tamburello faceva riferimento alle funzioni oracolari che svolgevano le sue sacerdotesse e in epoca più tardiva i suoi sacerdoti eunuchi.

 

Scultura romana in bronzo della dea Cibele

Sempre in area mediterranea le donne utilizzavano il tamburo anche per accompagnare i riti funerari, si credeva che il suo battito accelerasse il passaggio dei morenti e affrettasse la loro rinascita. Questa credenza trovava una corrispondenza nella vita naturale: le nostre antenate  si erano accorte che la forza vibrazionale del tamburo aiutava la germinazione dei semi posti nella terra e potenziava la crescita della vegetazione, perché non quella delle anime dei loro cari allora?

Secondo la Redmond i tamburi hanno la forma della luna la quale, come noto, è l’elemento che scandisce il ritmo della vita sulla terra. Tenendo conto che questa profonda relazione tra la donna, la luna e il tempo era già testimoniata dai calendari in osso paleolitici, non c’è da stupirsi che laddove questa venisse onorata e rispettata vi fossero donne suonatrici di tamburo.

Nel momento in cui i popoli proto-indo-europei invasero i territori dell’Antica Europa balcanica e mediterranea (GIMBUTAS 2008), questa corrispondenza sacra si perse,  le donne furono allontanate dalle loro funzioni politiche e  rituali e quindi l’arte del tamburo rimase nelle mani dei soli sacerdoti maschi.  Inoltre, sempre in questo periodo, il tamburo cominciò a essere usato durante le parate militari.

In Europa, la Chiesa proibì le danze e i canti rituali delle donne in un Concilio dell’826, ma nel XIII secolo si spinse ben oltre bandendo le donne che danzavano e suonavano per i morti e vietando loro la partecipazione ai funerali.

Il cristianesimo fu il maggiore responsabile dell’anatema imposto sui tamburi nell’ area mediterranea.

L’etnomusicologo Paolo Pacciolla sostiene che:

Il tamburo era al centro dei rituali pre-cristiani, bandire il tamburo era come togliere l’altare agli antichi culti. Un processo analogo  è avvenuto nel mondo islamico e nella musica colta, dove il tamburo svolge una funzione fondamentalmente metrica (PACCIOLLA 2008).

Una simile espropriazione è avvenuta in Cina, dove le Wu, sciamane che invocavano la pioggia sulle montagne brandendo serpenti tra le mani  e utilizzavano il tamburo come principale mezzo di guarigione e divinazione, furono allontanate dalle loro funzioni rituali quando, intorno al 100 a.C il Confucianesimo rovesciò il sistema matrifocale.

Sarà una coincidenza che tutte queste religioni collegate a sistemi sociali  patriarcali abbiano  bandito i tamburi e imbavagliato il potere spirituale femminile?

FINE PRIMA PARTE

 Testo © Morena Luciani Russo.

Ai sensi della legge legge 248/00 il presente materiale può essere utilizzato solo citando l’autrice e la fonte.

(1) Personalmente preferisco il termine Stati Sciamanici di Conoscenza al termine riduttivo “trance”. Cit.  Pratt 2007.(Maggiori dettagli nel mio testo “Donne Sciamane”).

BIBLIOGRAFIA

Belli Remo, “Interview with  Dr. Barry Bittman”

Gimbutas M. Il Linguaggio della Dea, Venexia ed., Roma 2008

Luciani M., Donne Sciamane. Venexia ed., Roma 2012.

Tedoldi D., L’Albero della Musica, Anima ed., Milano 2006.

Maxfield M., “The Journey of the Drum”, in Re-vision 16, n. 4,

1994, pp. 157-163 e Neher A., “A Physiological Explanation of Unusual

Behaviour in Ceremonies Involving Drums”, in Human Biology 6, 1962, 151-160.

Pacciolla P. e Spagna A.L., La gioia e il potere. Musica e danza in India, Besa, Nardò 2008.

Pratt C., An Encyclopedia of Shamanism, The Rosen Publishing Group, New York 2007.

Redmond L., When the Drummers Were Women. A Spiritual History of Rhythm, Three Rivers Press, New York 1997, p. 10.

Wiora W., The Four Ages of Music, W.W. Norton, University of Michigan, 1965.

Eisinger Dale, “Not Just for Music, Drum is Therapy too.