Perché quella di Assiotea è la nostra sfida
Articolo di Daniela Degan,
per gentile concessione di Comune Info : http://comune-info.net
Assiotea è la figlia diciassettenne di un commerciante di papiri, di nome Piramo e di Antinoe, copista che insegna alla figlia, alla tenera età di sette anni, a leggere e scrivere. Assiotea leggeva i testi dei filosofi greci, copiando capiva e sapeva leggere tra le righe le parole dei filosofi che avrebbero forgiato il pensiero dell’uomo occidentale. I libri che copiavano Assiotea e Antinoe avevano un unico difetto, non erano mai scritti dalle donne, salvo le poesie di Saffo e di Prossilla.
Assiotea non voleva accettare che la storia venisse scritta solo dagli uomini. Antinoe, la madre le ripeteva: «La stessa mano che ha retto la spada, ha usato anche il calamo. Re, faraoni, condottieri, arconti, strateghi, filosofi, attori, sacerdoti, cittadini intenti a pensare, programmare, fare solo e soltanto guerra».
Di nuovo un sogno lucido, un sogno rivelatore di esperienze antiche, una nuova intervista alle eroine di un tempo lontano: il porto del Pireo, Atene, Ellade 350 a.c.
Mi trovo nel porto del Pireo, decine di navi attraccate alle banchine di pietra. La piazza è formicolante delle sue molteplici attività e frenetica. Insieme ad altre persone mi muovo: al di là della piazza c’è il grande mercato e tutto intorno mura altissime, invalicabili. Continuiamo a camminare in silenzio, svoltando a destra e a sinistra. Arriviamo nell’Agorà, camminiamo verso una salita in fondo, verso i platani, c’è un edificio rotondo: è la bottega dei libri. Ci stiamo dirigendo proprio là.
Al mio fianco c’è una giovane donna, capelli cortissimi, zigomi lievemente sporgenti, occhi fortemente incassati, bellissimi, il suo volto come un sorriso.
Porta al collo un piccolo flauto. Ci guardiamo con complicità, al mio collo prende la statuina della dea madre.
Mi rivolge la parola guardandomi intensamente negli occhi:
Assiotea: «Io sono Assiotea di Fliunte, mio padre è stato Piramo, commerciante di papiri, mia madre Antonoe, copista, mi ha insegnato a scrivere quando ancora avevo sette anni. Vedi, lì si vendono libri. Sapere che in questa piazza si smerciano oltre il bestiame umano (gli schiavi) anche i libri di Tucidite e di Erodoto, mi fa comunque sentire carica di entusiasmo, mi sento capace di prendere il mondo racchiuso nella metà inferiore della clessidra e rovesciarlo, metterlo sottosopra e provare a cambiarlo!». La guardo con profonda sorellanza, percepisco la sua passione, l’amore per i libri e la lettura, vibra il suo corpo di entusiasmo per il cambiamento. Insegue un sogno che mi appartiene.
Dan: «Io ti omaggio con amore sorello, Assiotea. Io sono Dan del serpente arcobaleno, una ribelle pestifera e moderna che, in un altro tempo e in un altro spazio, immagina il tuo stesso cambiamento! Tu Assiotea sei la donna che ha sfidato il grande Platone e l’Accademia di Atene, tu sei la donna che ha lottato per la liberazione della schiavitù e delle donne. Sono qui per ascoltare il tuo pensiero limpido e il racconto delle tue gesta, così che altre donne sappiano e prendano la parola. Sono passati più di cinquemila anni, alcune di noi pensano e sentono che può emergere una Nuova Era e lavorano perché questo possa accadere. A Taranto, ad esempio, finalmente c’è un giudice, una donna, una giudichessa che ha bloccato la produzione nociva di una fabbrica. È come se qui nel tuo mondo un magistrato o l’assemblea dei cittadini ateniesi bloccasse la estrazione di oro in una delle vostre miniere perché l’attività è ritenuta disumana e nociva per la salute degli schiavi che ci lavorano e per tutelare i bambini-schiavi…».
Assiotea mi guarda e stupita mi dice: «Un magistrato donna? Ma allora le donne non sono più considerate inferiori per natura all’uomo come sostiene e scrive Platone?».
Dan: «Cara Assiotea, il pensiero filosofico di Platone, di Aristotele, dell’Accademia è stato considerato per millenni la base dell’agire del mondo, è stato ed è ancora la cultura dominante occidentale, ma le donne hanno saputo fare emergere nuovi pensieri, sempre con molte difficoltà, prima quella della divulgazione del nostro pensiero, poiché da sempre in ogni continente le case editrici non ci sono amiche. Ma noi ci siamo riuscite, ricerchiamo testi, ci scambiamo titoli, libri e indaghiamo le nostre origini con disciplina, costanza nell’intento e con passione. Ma dimmi di te, giovane amica, antica sorella!».
Assiotea: «Se io potessi leggerei solo i libri di Storia. Nella storia c’è scritto tutto. Chiesi a mia madre, prima che morisse: madre perché mio padre non ci porta mai da copiare libri scritti da donne? Ora tu mi dici che nel tuo mondo, nel futuro… ci sono donne, molte donne che prendono il calamaio e scrivono, pensando e agendo. Ne sono profondamente commossa. La follia dell’uomo, la sua violenza e le sue guerre. L’uomo non sa fare altro. Uccidere e poi raccontarlo. E ogni guerra è una sconfitta per la nostra evoluzione. Ho letto la Repubblica del sommo Platone: dice che l’uomo è superiore alla donna per natura. Sono entrata nella sua Accademia, con la mia amica Lastenia, aiutate da Iperide, Diogene, Focione e Demostene, perché queste leggi non mi piacciono. Così ho scoperto che in Accademia non c’è alcuna biblioteca. Platone non fa altro che screditare l’uso dei libri perché sostiene che oltre a non rispondere alle domande, i libri bloccano il pensiero umano. E maestri come Antifonte, Diogene, Leucippo, Democrito vengono cancellati perché il loro pensiero non rientra nell’ordinamento voluto dal sommo filosofo!».
«Mi disse un giorno Eudosso – prosegue Assiotea – prima che io andassi in Accademia: “Chi muove l’Ellade, chi crea il pensiero di un popolo, sono i filosofi vincitori: Platone e Aristotele. Cosa pensi di fare, Assiotea, entrando in Accademia, la rivoluzione? Cambiare le loro idee? Cosa pensi? Magari non credi negli dei e sei contraria alla schiavitù e magari credi che voi donne avete un’anima come noi uomini?».
Ancora Assiotea: «Volevo comunque andare all’Accademia di Platone e sfidarli…. E ci andai, insieme a Lastenia, l’amante di Speusippo, nipote di Platone. Ci andai vestita da maschio, non mi feci ricrescere i capelli dopo essere stata schiava dentro le miniere dell’oro. Misi una fascia stretta sul petto, andai con vestiti da uomo perché dovevano sapere che io sono una donna non per il mio aspetto, ma per come avrei ragionato al cospetto del sommo Platone. Mi disse Diogene prima di entrare in Accademia, sulla sua porta: “Ragazza sei diventata famosa: i ricchi ti temono, hanno paura che tu possa portargli via i loro schiavi. Mentre tu per questi ultimi rappresenti la speranza! Ma tu sei pazza se pensi di fare cambiare idea a Platone e Aristotele. Io posso cambiare il mio pensiero perché sono spinto solo dall’amore per la verità. Nessuno mi può comprare, perché ho rinunciato ai beni materiali. A tutto. Possiedo un solo bene, il mio pensiero, la mia mente. Ma Platone e Aristotele no. Loro hanno un prezzo e non solo materiale, sono ambiziosi. Per loro il dominio delle menti è la loro stessa fonte di vita. Quei due non sono al servizio dei potenti, sono essi stessi due potenti. Sanno di poter controllare il modo di pensare e di vivere di un popolo. Assiotea quei due non hanno una morale, un’etica. Sono solo due macchine da guerra. Tutto ciò che dicono e fanno sono indirizzati ad un unico scopo: il dominio».
Assiotea: «Però andai. Il primo incontro con Platone fu deludente. Parlò di una lunga storia su Atlantide che non mi convinse per nulla e anzi mi dava da pensare. Tutti quei dettagli a mio avviso inutili, come fosse una montatura organizzata per fare passare date ed eventi… Poi Platone, il sommo filosofo volle conoscermi. Non ero nelle sue grazie. Mi disse. “È meglio essere sinceri, Assiotea di Fliunte. Tu hai avuto l’ardire e la stoltezza di firmare i commenti su quelle copie della mia Repubblica, quindi già conosco il tuo pensiero. Poi c’è stata la tua partecipazione all’Assemblea della Pnice. Per me sei un libro aperto, parlare con te è sprecare tempo prezioso. È come parlare con quello straccione di Diogene. Ma permetterò di realizzare il tuo sogno. Siediti e partecipa alla discussione».
Assiotea: «Mi sentivo strana, cara Dan, un pesce fuor d’acqua, cominciavo ad avere la sensazione che sarebbe stato tutto inutile, Platone era un muro invalicabile, impenetrabile, un vecchio pieno di sé e di manie di onnipotenza, ma oramai ero lì e mi chiamò a parlare. Aristotele con una vena di disprezzo visibile mi indicò la sedia di marmo davanti al Maestro. Il mio cuore lo sentivo galoppare, ma presi a parlare: «Molte volte ho pensato a questo momento, signore, ma ora è tutto diverso, perché questa è la realtà e io non posso correre il rischio di essere fraintesa, oppure di essere banale. Quindi preferisco essere sincera fino in fondo, a costo di infrangere le buone maniere che si addicono a una circostanza e ha un luogo come questo. Tu sai, Platone, che io di professione faccio la copista: ma quando trascrivo i libri, soprattutto i tuoi, oltre a copiarli con gli occhi, li leggevo con la mente. E talvolta, è vero, ho scritto dei commenti a margine dei tuoi pensieri. Quello che non riuscivo a capire era come fosse possibile che un grande filoso come te, Platone, potesse giustificare la schiavitù e la condizione delle donne. Molte altre cose ho in mente di dirti, e se in futuro me lo permetterai, lo farò, ma i capisaldi sono questi due: tu dici che si nasce schiavi, che gli schiavi sono inferiori ai cittadini liberi per natura. Tu affermi, Platone, che la donna è inferiore all’uomo perché così ha stabilito Madre Natura. Queste idee che sono del pensatore più grande dell’umanità, sono gravi, per me molto gravi, perché è in discussione il destino e il futuro non solo di Atene, ma di tutto il genere umano… Platone non parlò, ma fece cenno con la mano ad Aristotele che disse: “La posizione del Maestro non è così netta come vuoi fare intendere tu, Assiotea, se hai letto attentamente La Repubblica avrai notato che Platone immagina una società in cui l’uomo e la donna sono praticamente uguali nelle mansioni da svolgere”. Io pensai che era anche questa parte una favola che somigliava alla storia fantastica che il Maestro raccontava di Atlantide. Lui seguitò quasi avesse letto il mio pensiero critico, cambiando discorso, attaccandomi.
“È bene che tu sappia che il Maestro ha chiesto il mio parere sulla tua ammissione in Accademia: pur avendo una grande stima per me, non ha voluto ascoltarmi. Io ero contrario. Avevo letto i tuoi commenti su quella copia della Repubblica. Sapevo perfettamente che, con le tue stupidaggini sulla condizione femminile, ci avresti fatto perdere tempo prezioso, qui non si scherza! Qui stiamo cercando di mettere ordine nel cielo e sulla terra! Qui si studiano matematica, filosofia, botanica, minerali, le stagioni, la storia dell’uomo, le guerre, la politica… La nostra è una società organizzata alla perfezione: ogni tassello costituisce un pezzetto del grande mosaico del nostro destino. Noi filosofi siamo superiori alle piccole vicende umane di oggi, il nostro è un progetto millenario. Per questo non possiamo perdere tempo dietro le tue idee, tu sei qui perché lo vuole il maestro che è diventato troppo buono invecchiando, vorrebbe avere il consenso di tutti mentre qui si apprende a dirigere tutto il genere umano e ad essere spietato. Tu sei una donna che non si arrende molto facilmente. Sappi allora che per quanto riguarda la condizione del sesso a cui tu appartieni io sono molto più chiaro di Platone: la donna non è inferiore all’uomo per natura perché il solo dire questo avvicina troppo questo essere alla nostra nobiltà. La donna è uno scarto della natura. Questo è il frutto dei miei studi. Perché dunque stiamo qui a perdere tempo dietro uno scarto della natura?!”».
(fine prima parte)
Assiotea, la donna che sfidò Platone e l’Accademia, romanzo storico di Adriano Petta (Eretica Speciale/ Stampa Alternativa 2009). Raccomando la lettura della nota dell’autore, che ringrazio per avere scritto questo magico libro, dai risvolti complessi per me appassionanti, femministi e spirituali, riportata su: qui.
Bibliografia
Tiziano Dorandi, Assiotea e Lastenia. Due donne all’Academia. In: Atti e Memorie dell’Accademia Toscana di Scienze e Lettere La Colombaria 54, 1989, S. 51–66 (S. 61–66 Zusammenstellung der Quellentexte mit italienischer Übersetzung)
Konrad Gaiser (Hrsg.): Philodems Academica. Frommann-Holzboog, Stuttgart-Bad Cannstatt 1988, ISBN 3-7728-0971-5, S. 154–157, 358–364, 449–452
Richard Goulet, Axiothéa de Phlionte. In: Richard Goulet (Hrsg.): Dictionnaire des philosophes antiques, Bd. 1, CNRS, Paris 1989, ISBN 2-222-04042-6, S. 690–691
Sitologia
http://www.filosofico.net/speusippo.htm
http://www.ledonline.it/rivistadirittoromano/allegati/attipontignanocavallini.pdf
http://www.tages.eu/?page_id=1074
http://www.adrianopetta.com/pdf/assiotea.pdf