La Rivoluzione Gimbutas

A 100 ANNI DALLA NASCITA DI MARIJA GIMBUTAS CELEBRIAMO CON ARTICOLI ED EVENTI UNA DONNA STRAORDINARIA. Articolo apparso su Associazione Laima, Comune Info e Autrici di Civiltà.

Ho dedicato molto del mio tempo a Marija Gimbutas in questi ultimi vent’anni. Come studiosa di antropologia e di culture arcaiche, come artista e come ricercatrice di un percorso sul sacro e sulle declinazioni sciamaniche che il Femminile assume là dove può tornare a manifestarsi.

Mi piace chiamarla Rivoluzione Gimbutas. Un processo che iniziò a disgregare un pensiero archeologico e sociale secondo cui sin dai primordi l’umanità presentava caratteristiche gerarchiche e belligeranti ed era orientata ad un trascendente Dio celeste e punitivo, un passato oscuro che ancora oggi legittima la legge del più forte e dell’accaparramento delle risorse della Terra.

Marija Gimbutas con lo sguardo e la sapienza di una donna genio, osservò ciò che nessuno prima di allora aveva notato, decifrò una simbologia ricorrente sulle statuine e sui manufatti di epoca neolitica, mettendo questo materiale in relazione con quello paleolitico e dell’epoca del bronzo e riuscì a ricostruire una vera e propria mitologia utilizzando gli studi di filologia, etnologia e folklore del mondo slavo a cui apparteneva e di quello mediterraneo. Questo lungo percorso di ricerca e di vita la portò a comprendere che qualcosa di enorme era stato omesso e dimenticato nella narrazione delle origini, un’umanità che si considerava organismo ciclico e ritmico sintonizzato con il movimento circolare della vita, della morte e della rigenerazione e che rappresentava questi stati di esistenza nel corpo di una Grande Madre Cosmica che era Albero, Montagna, Sole, Luna e innumerevoli volti animali.

L’aspetto più affascinante diceva Gimbutas “era la sua capacità di mutare da una forma all’altra, lei poteva essere l’ape, la farfalla, così come la scrofa e questa era una bellissima filosofia, di riverenza e di amore per la Terra”(1).

Bandiere di Lydia Ruyle, Foto di Anna Lami

Prima della Rivoluzione Gimbutas la preistoria era un luogo oscuro e “primitivo”(2), dopo le sue ricerche divenne un luogo di bellezza, di donne e uomini evoluti che vivevano in pace e in unione con le forze naturali, che conoscevano i segreti del cielo, del suono e delle energie che si muovono tra il corpo umano e quello della Terra. Credo che solo i primi resoconti etnografici sugli Aborigeni Australiani e sui Boscimani, possano darci un’idea di come le nostre Antenate e i nostri Antenati vivessero allora il rapporto con il cosmo e di quello che Marija Gimbutas colse attraverso i suoi studi.

La società belligerante, gerarchica e androcratica, definita da Gimbutas “cultura Kurgan”, arrivò solo in un determinato momento storico, attraverso i popoli proto-indoeuropei delle steppe che invasero a più ondate tutta l’Europa e il Mediterraneo tra il 4300 P.E.C. e il 2800 P.E.C. (3). Questa teoria che creò molti problemi all’interno del mondo accademico archeologico, fu confutata in tutti i modi fino a pochi anni fa, quando uno dei maggiori esponenti dell’archeologia mondiale e accanito antagonista di Marija, Colin Renfrew, ammise pubblicamente che la teoria Kurgan aveva ormai solide basi.

Cosa significa tutto ciò? Che non siamo esseri condannati a vivere in un mondo di violenza e di prevaricazione perché questo fa parte di una innata “natura umana”. Si tratta di un mito che ci è stato narrato per millenni e che ora ha bisogno di tutta la nostra tenacia e volontà affinché venga lasciato alle spalle e si chiuda un capitolo doloroso della storia del mondo.

Foto di Anna Lami

Attraverso l’opera di Marija Gimbutas siamo stat* chiamati/e a comprendere come funzionava una vera civiltà, una cultura che produceva un’alta qualità della vita e di felicità per tutti gli esseri, quali fossero le mitologie che guidavano quella società in cui non c’era predominio sulle donne e sulla natura e che ancora oggi sono stratificate nei miti e nelle storie che la cultura kurgan, patriarcale e violenta, ci ha tramandato capovolgendone i valori, ma non è riuscita del tutto a cancellare. E nei simboli violati, nei manufatti, nelle danze e nei canti, in quello che rimane delle feste popolari, tra le righe degli antichi poemi, quel tesoro nascosto ha iniziato ad emergere e sta portando un’ondata di nuova conoscenza, non più orientata allo sviluppo intellettuale dell’ego, ma ad una coscienza allargata capace di illuminare il cammino nostro e di chi verrà.

Ho conosciuto così tante persone in questi anni che hanno integrato la loro visione del mondo con il lavoro di Marija Gimbutas, specialmente qui in Italia. Chiaramente studiose e studiosi di archeologia, di storia o di lingue antiche, che possiedono conoscenze vastissime e approfondite, anche se spesso fuori dai canali ufficiali del sapere, ma anche persone che lavorano nell’ambito dell’arte visiva, della musica e della danza, del teatro e del cinema, della psicoterapia e dell’educazione, dell’ecologia e dei diritti umani. A dispetto di quello che si pensa, non si tratta solo di donne ma anche di molti uomini, i quali stanno dedicando la loro intera vita alla riscoperta della dea nei nostri territori italiani o addirittura che custodiscono e si prendono cura dei suoi antichi luoghi sacri. Ogni anno che passa mi rendo conto che l’eredità di Marija Gimbutas è sempre più forte nella nostra Terra e credo che lo sia perché qui, le radici delle Antiche Madri sono ancora molto vive e forti.

A lei ho dedicato l’associazione Laima e un intero convegno internazionale, al fianco di Luciana Percovich, Daniela Degan e Sarah Perini. Ho svolto molti progetti nelle scuole, una lezione all’Università di Torino, alcune performance in cui dipingevo sul corpo delle donne i simboli dell’Antica Europa, simboli che continuo ad utilizzare nella mia arte, ma l’eredità più grande di Marija Gimbutas resta per me quella umana.

Ho iniziato a scrivere questo articolo il giorno in cui con le donne della Cerchia delle Lune di Torino abbiamo celebrato l’imminente parto di una di noi, una cerimonia delicata e amorevole in cui dalla più anziana alla più giovane abbiamo mandato le nostre benedizioni alla mamma e al suo bambino e sono tornata a casa con la consapevolezza che nessuna donna del gruppo aveva mai potuto vivere un evento di questo genere prima di diventare madre. Credo che quel giorno abbiamo donato a ognuna di noi, a questa mamma e al suo piccolo, qualcosa di profondo e potente, ma nulla di tutto ciò poteva essere fatto senza il lavoro di Marija, senza le sue incredibili intuizioni, senza la forza e la centratura con cui ha continuato il suo lavoro, nonostante i numerosi e potenti dissuasori.

Marija Gimbutas è stata una donna immensa, ha spalancato le porte affinché lo spirito del Femminile potesse di nuovo abitare il mondo, nutrire sogni collettivi e rieducarci ad agire in armonia con il cosmo. Piano piano, dopo cento anni gli effetti di questa rivoluzione si stanno solo intravedendo, ma come ci insegna la Vecchia dell’Inverno che custodisce con pazienza i semi nel suo ventre scuro, il buio che vediamo attualmente nel mondo è solo apparente immobilità.

Morena Luciani Russo

(1) Citazione dal documentario “Voice of the Goddess: Marija Gimbutas”, libero su Youtube
(2) Rimando al mio libro “Donne Sciamane”, Venexia 2012, per un approfondimento della visione oscurata della preistoria.
(3) “Il Linguaggio della Dea”, Venexia 2008

Consiglio anche la lettura dell’articolo di Luciana Percovich “Ricordando Marija” e di quello di Daniela Degan “Il Linguaggio della Dea”

FOTO  di Anna Lami, estratte dal convegno “Marija Gimbutas. Vent’anni di Studi sulla Dea”

Il documentario “Fantastic Fungi” e il potenziale ruolo dei funghi nella guarigione collettiva.

Praticate la micofilia? Mi riferisco al sentimento di simpatia e meraviglia, nel mio caso di amore smisurato, per quegli esseri così piccoli e potenti quali sono i funghi. Le culture della dea erano micofile, come già scrissi nel mio libro “Donne Sciamane”. Le nostre antenate e i nostri antenati sapevano quanta sapienza si cela dentro i funghi, li consideravano cibo, medicine e non ultimo guide spirituali.

In questo breve articolo vorrei parlarvi del documentario “Fantastic Fungi” che ho visto recentemente e che esplora le innumerevoli funzioni che i funghi svolgono sulla Terra.
I funghi sono stati primi organismi ad approdare sulla terraferma, circa 1,3 miliardi di anni fa, molto prima delle piante. Possiamo considerarli come il sistema digestivo della foresta e sono coloro che creano il suolo da cui nasce la vita. Il micelio, che forse dovremmo chiamare “la micelia” crea le connessioni tra le piante in un bosco, rigenera e ricrea la vita che decade, è la Grande Madre di ogni cosa. Camminare sulla Terra, vuol dire essere sostenut* da un’infinita rete di micelio sotterraneo da cui tutt* alla fine discendiamo. La cosa più interessante è che il micelio è un organismo autoapprendente e autosufficiente, ha una sua coscienza e una delle ipotesi è che siano stati i funghi, in particolare quelli con caratteristiche psicoattive a creare le connessioni cerebrali che permisero il pensiero e il linguaggio nei primi ominidi.

Fungo Reishi


Inoltre come sostiene Paul Stamets, uno dei protagonisti del documentario, si è visto che alcuni funghi influenzano in maniera così profonda noi esseri umani, tanto da stimolare la neurogenesi e aiutarci a cambiare gli schemi di comportamento che abbiamo introiettato durante la nostra vita, magari proprio quegli schemi che sono responsabili del nostro malessere psichico e/o fisico. Questo non solo ci dice che il nostro cervello è plastico, è capace di guarire ed è capace di crescere ma anche che attraverso i funghi possiamo aumentare la nostra intelligenza, diventare più felici e invecchiare molto meglio.
Nel film sono riportati i benefici terapeutici del fungo Reishi e l’esperienza della madre dello scienziato guarita da un cancro al seno grazie al fungo Criniera di Leone, un cancro avanzato che la medicina ufficiale aveva dato per incurabile. A questo aggiungiamo che nel momento di emergenza ecologica in cui ci troviamo, i funghi possono essere una medicina per la nostra stessa Madre Terra, infatti alcune ricerche scientifiche hanno dimostrato che sono prontamente capaci di rigenerare terreni contaminati dal petrolio, da residui nucleari e pesticidi.
L’ultima parte del documentario è dedicata ai benefici delle terapie con funghi psilocibinici, i piccoli funghi sacri usati, fin dai primordi, in contesti sciamanici di ricerca interiore e guarigione dell’anima. Gli studi di psicoterapia con psilocibina hanno dimostrato effetti portentosi su pazienti affetti da depressione e ansia e su malati terminali. Sono infatti riportate le testimonianze di due malat* di cancro che dopo aver ingerito psilocibina hanno completamente trasformato il loro modo di vivere la malattia e di vedere la morte. “Ho vissuto l’esperienza più incredibile della mia vita, non ho mai sperimentato così fortemente il senso di essere amata, di valere qualcosa, di essere importante per qualcuno” afferma una delle donne che hanno partecipato all’esperimento.

Psilocybe Semilanceata


I funghi cambiano la nostra visione del cosmo e ci fanno prendere coscienza di quanto sia limitato il senso di realtà che abbiamo ereditato dalla cultura antropocentrica e gerarchica. E come dice Stamets “Un giorno mi decomporrò, voi pure, sì moriremo! Ma è tutto ok, perché entreremo nel MICOVERSO . La nostra relazione con i funghi è per sempre!”
Credo che il messaggio di questo documentario sia davvero importante, i funghi potrebbero essere le nostre massime guide nel processo di guarigione collettiva a cui siamo chiamat* nel tempo che stiamo vivendo, prima che sia troppo tardi.

Potete guardare il documentario a questo link, per ora solo in inglese, ma mi auguro che venga presto almeno sottotitolato.

Una Cerimonia per Madre Terra, Articolo di Morena Luciani Russo

Risvegliare la forza dell’Orsa e rimettere radici nella Terra


© Anna Lami Photografia

© Anna Lami Photografia

Lo scorso 18 marzo 2016, in occasione del convegno “Culture Indigene di Pace. I Sentieri della Terra”, abbiamo preparato una grande festa per celebrare la Madre della Vita e l’Equinozio di Primavera. In questi anni ho direzionato il mio lavoro verso l’ espressione del femminile in forma animale e dell’ energia sciamanica custodita nei nostri corpi di donne, che ci vede sorelle e figlie di tutte le creature della Terra. Orse, serpentesse, volpi, poiane e civette, tigri  o piccole api ronzanti, la Signora della Vita è in  ciclica  trasformazione, assume le forme più disparate e noi impariamo a fluire con lei, a seconda della necessità del momento e del luogo.

In questo caso la cerimonia era dedicata all’Orsa, la più antica e amata rappresentazione della Natura Selvaggia del nostro emisfero, Signora della Montagna, delle Foreste, delle Grotte e delle Stelle.

Jelly Chiaradia, © Anna Lami Photografia

Chi più di lei è stata violata e dimenticata ?

Il rituale cominciava con la sua morte, nel monologo dell’attrice Jelly Chiaradia e  il bastone che la raffigurava cadeva similmente a come cadde il patto tra noi e colei che ci diede la vita nella sua spirale. E così

 [..]Muore la terra

Ogni volta

Che tu hai paura

Del movimento misterioso

Incompreso

Offeso dalla indecenza di un pensiero corrotto

Che ha trasformato

La magia di parole ancestrali

In un letargo della libertà con le sue vibrazioni d’amore

Raccolte e sepolte ora (1)

Emanuela Sposato e Isabella Landi, Foto di Fabio Rupoli

Alessia De Gasperi, Daniela De Stefanis, Isabella Landi e Emanuela Sposato, © Fabio Rupoli

Nel silenzio e nel buio della notte sono arrivate le Volpi. Le Volpi sono figure chiavi del mio percorso di sciamanesimo e sono sempre più convinta che portino un grande insegnamento alle donne contemporanee, poiché sono in grado di camminare sulla corda che unisce la vita e la morte, sanno saltare e fare il verso al mondo mostrando l’irriverenza del Femminile, la sensualità, la verità del grottesco e del buffo, il dolore che si rigenera e risveglia.

 

Morena Luciani Russo e le volpi, © Anna Lami Photografia

Ma chi può ridestare la forza dell’Orsa da un inverno così lungo che pare simile alla morte? Le volpi si fanno messaggere e richiamano le donne ad agire attraverso il potere della loro Vulva, la Cavità e il Vuoto da cui tutto si genera,  e tra le risate, i canti e i tamburi esse liberano la loro Anima-Orsa scon-volgendo e coin-volgendo tutto il pubblico. Il bastone ursino abbandonato sul suolo arido torna vivo e germogliante nelle mani di chi si assume la responsabilità di rimetterlo in piedi e viene affidato ad un giovane uomo e ad una giovane donna affinché sia riportato in un luogo speciale,  in questo caso al centro di un labirinto con le sue guardiane, le quali ci ricordano  che acqua, terra, fuoco e aria sono gli elementi di cui tutte e tutti noi siamo costituite/i.

Morena Luciani Russo, Laura Ghianda e Mattia Rossi, © Anna Lami Photografia

Sarah Perini, © Anna Lami Photografia

Qui i canti e i tamburi continuano ad accompagnare donne, uomini, bambine e bambini desiderosi di portare fiori e offerte con gioia e commozione. Perché questo è uno spazio “sacro”, uno spazio in cui ritorniamo a ringraziare colei che ci nutre e ci sostiene, una cerimonia collettiva in cui disperdiamo il nostro ego e l’animale e l’anima si uniscono. Ci ritroviamo Orse e Orsi e radicalmente, come diceva Mary Daly, riaffondiamo le Radici nella Terra, unendoci in suo nome e risanando la ferita inferta al Femminile da quasi 5000 anni.

© Anna Lami Photografia

Queste sono le cerimonie delle donne, quelle di cui il mondo ha bisogno per riunire in sé la parte di umanità che vuole vivere libera dal sistema patriarcale e dominatore.  Queste sono le follie di cui sono capaci le donne,  cerimonie ad alto voltaggio empatico ed emotivo che sanno curare dentro e fuori.

(1) Estratto dal monologo di Jelly Chiaradia

Cerimonia a cura di Morena Luciani Russo in collaborazione con Sarah Perini e la partecipazione di:

Licia Chitaroni, Matilde Bellazzecca, Enza Ferragina, Elena Ribet, Jelly Chiaradia, Francesca Rugi, Sabina Violante, Daniela Degan, Lina Rossini, Daniela De Stefanis, Alessia De Gasperi, Emanuela Sposato, Isabella Landi, Giovanna Clerico, Grazia Carlino, Valentina Ares, Federica Carmana, Titti Bertolin, Mattia Rossi,  Laura Ghianda.

Preghiera alla Madre del Suono

Ma-oh-Ma
Ma-oh-Ma

Madre Infinita del Suono,
centro da cui tutto sgorga,
guida le mie mani sul tamburo
e insegnami a trovare dimora in te.

Porta il mio ritmo nella cavità del tuo utero,
nel vuoto senza inizio né fine.
Espandi il mio cuore con il tuo dolce vento
mentre onoro le cinque direzioni
e tutte le creature.

Possa accompagnare con il mio ritmo
tutto ciò che si fa luce nel mondo
e tutto ciò che muore e ritorna in te.

In una mano tengo il Sole
e nell’altra la Luna,
in una mano tengo il Vento
e nell’altra la Terra
e tutti gli elementi rimescolo

all’interno del grande cerchio.

Possano gli uccelli gioire del mio ritmo,
possano gli alberi gioire del mio ritmo,
possano le pietre gioire del mio ritmo,
possano le acque gioire del mio ritmo.

Possano le mie gambe gioire del Tuo ritmo,
possa il mio sangue gioire del Tuo ritmo,
possa io suonare per unire e non per dividere.

Io sono la rosa che apre i suoi petali
e tu il mio centro.

E finalmente non so più chi sono.

Ma-oh-Ma
Ma-oh-Ma

Immagini e Testo © Morena Luciani Russo.

Ai sensi della legge legge 248/00 il presente materiale può essere utilizzato solo citando l’autrice e la fonte.

L’Arte della Purificazione e il Business delle Erbe Sciamaniche

 

Nelle ultime settimane si è fatto un gran parlare dell’iniziativa della catena di cosmetici Sephora di mettere in vendita un “kit della strega”, una scatola che, tra le altre cose, conteneva la Salvia Bianca, pianta sacra delle popolazioni native della California, il cui fumo viene usato nella purificazione sciamanica. I gruppi nativi si sono ribellati con un’accesa battaglia virtuale, spiegando come la salvia sia  una medicina tradizionale, che a causa del business creato negli ultimi anni a livello globale, è ormai a rischio di estinzione. Le proteste sembrano aver funzionato e il kit ora non è più sul mercato, ma credo sia importante fermarsi a riflettere cercando di portare chiarezza su un punto importante.

In quasi tutte le cerimonie sacre si bruciano erbe e incensi, ma non é semplicemente l’atto di bruciare una pianta a fare una vera “purificazione”. Nello sciamanesimo le piante sono alleate come gli animali e le pietre, non per tutte e tutti sono le stesse ed il loro potere non deriva semplicemente dal principio vegetale attivo, ma risiede nella relazione che impariamo a creare con esse qui, nella terra che calpestiamo, nei luoghi che amiamo. Negli anni impareremo a fare i giusti avvistamenti, a raccogliere sempre poco da ogni pianta, a ringraziare e lasciare qualcosa in cambio, che nutra magari gli altri esseri della Terra. A farci trovare piuttosto che a cercare.
Non c’è nulla di male a provare erbe di luoghi lontani, ma abbandoniamo l’idea che sia sufficiente comprare un bastone di salvia per pulire la bolla energetica di una persona o un luogo. Se non c’è connessione, se non c’è rivelazione, agiremo sempre e solo in superficie.
Non vi svelerò quali sono le piante che io uso e raccolgo, ma voglio raccontarvi questo. La mia amica Giovanna ha coltivato e poi raccolto le sue piante di lavanda. A loro ha cantato durante la crescita, le ha accudite e poi al momento giusto, tagliate, seccate e ripiegate con arte, in modo che continuino a bruciare per un po’ e infine legate con un bel nastro viola.
Quando brucio la sua lavanda io non sento semplicemente la lavanda, ma l’amore che lei e Giovanna hanno nutrito insieme e che cura e rende più dolce la mia casa. Solo nella relazione poetica e affettiva tra noi e il mondo si attiva la magia, le piante allora ci offriranno il loro dono sciamanico e noi impareremo davvero a muoverci in modo sacro. Quindi che le Giovanne e i Giovanni abbondino nelle nostre vite!

Immagini e Testo © Morena Luciani Russo.

Ai sensi della legge legge 248/00 il presente materiale può essere utilizzato solo citando l’autrice e la fonte.

 

Morena Luciani Russo è artista rituale, suonatrice di tamburo e ricercatrice del sacro femminile, leggi la bio QUI.

 

LA REGINA DELLE API

Spesso mi si chiede quali storie raccontare a bambini e bambine…questa fiaba l’ho raccontata così tante volte a mia figlia e mio figlio, che l’ho ormai fatta un po’ mia. Quindi la troverete un po’ “rispolverata” rispetto alla versione dei libri dei Grimm. Credo che mai come in questo momento abbiamo bisogno di narrazioni che ci riconducano ad amare la nostra Madre Terra. Ormai i miei figli sono grandicelli, ma questo racconto si è depositato nel loro cuore e credo che in qualche modo li guiderà nella loro esistenza. Vi consiglio di raccontarla suonando ogni tanto una campanella o un sonaglio, così da renderla ancora più magica.

Dea Ape della mitologia indiana chiamata Madhusana

 

Una volta in un regno lontano vivevano tre fratelli. I due più grandi decisero di partire per esplorare il mondo e lasciarono casa. Il fratello più piccolo, che si chiamava Grullo soffrì di solitudine e non appena ebbe l’età giusta si mise in viaggio anche lui per andare a raggiungere i suoi fratelli.
Cammina cammina giunse in una radura dove sentì un gran fracasso. Riconobbe le voci dei suoi fratelli, ma i due erano tutti intenti a distruggere un formicaio, allora Grullo gli corse incontro e disse loro : “No! Fermi! Non sopporto che facciate male alle formiche, lasciatele in pace!”
Allora i due fratelli piuttosto scocciati si fermarono. Felici comunque di essersi ritrovati, proseguirono il cammino tutti insieme. Dopo un po’ arrivarono vicino a un bellissimo lago dalle acque azzurre in cui nuotavano moltissime anatre. I due fratelli avevano già l’acquolina in bocca “Bene, prendiamone il più possibile e arrostiamole!”, ma Grullo intervenne di nuovo “Hey voi! Fermatevi, lasciate in pace le anatre, non tollero che le uccidiate!”. I due fratelli brontolarono e abbandonarono l’impresa.
Camminarono ancora e si ritrovarono in una radura dove si trovava un grande, grandissimo albero, con rami meravigliosi che si intrecciavano fino al cielo. I due fratelli avvertirono un forte ronzio e subito pensarono “Qui c’è un alveare, accendiamo subito un bel fuoco, affumichiamo le api e prendiamo tutto il miele!”. Ma quando Grullo vide quel che stavano facendo intervenne subito dicendo: “Hey voi due, state lontani da quelle api, non tollero che le bruciate!”.
Ancora una volta i fratelli rinunciarono alle loro imprese e continuarono il loro viaggio.
Intanto la luce calava e al tramonto giunsero in un luogo piuttosto strano. Tutto era silenzioso e spettrale, c’erano alberi di pietra, uomini e donne di pietra, animali di pietra. In fondo al bosco videro una lucina che proveniva da una casa, allora spaventati e stanchi si diressero verso la casetta. Sbirciarono dalla finestra e videro un omino con una lunga barba tutto intento a preparare una tavola piena di ogni prelibatezza. Allora bussarono alla porta e nessuno si presentò. Bussarono ancora, ma niente. Alla terza la porta si aprì e l’omino senza dire una sola parola li fece entrare e diede loro da mangiare e da bere a sazietà. Poi li accompagnò ognuno in una stanza con un bel letto comodo per dormire.
Prima che la notte giungesse l’omino andò a chiamare il fratello maggiore e gli disse “Domani mattina dovrai superare la prima prova. Entro il tramonto dovrai raccogliere le mille perle della principessa perse in mezzo all’erba, se no diventerai di pietra anche tu, come il resto di questo regno”. Il fratello senza preoccuparsi troppo se ne andò a dormire, al mattino si svegliò tardi e si incamminò per andare alla ricerca delle perle. Al tramonto riuscì a riportare solo 100 perle e divenne di pietra.
Il giorno dopo toccò al secondo fratello, anche lui presuntuoso e pieno di sé si alzò tardi e tornò al tramonto solamente con duecento perle. La terza sera toccò a Grullo. Era così preoccupato che non riuscì a chiudere occhio. All’alba si alzò e cominciò a cercare le perle, ma presto si rese conto che era un’impresa impossibile così si sedette su una bella roccia e disperato cominciò a parlare a se stesso dicendo “come farò mai a trovare le mille perle, è un’impresa impossibile, impossibile! Povero me, diventerò di pietra”. Il pensiero lo rendeva triste e sconsolato, ma un gruppetto di formiche passò proprio in quel momento e sentendo le sue parole una delle formiche si avvicinò dicendo “Grullo, non preoccuparti, tu una volta hai aiutato noi e adesso noi aiuteremo te”.
Le formiche andarono subito a chiamare le compagne e tutte insieme con le loro zampette si misero al lavoro. Raccolsero una ad una tutte le mille perle e Grullo tornò dall’omino molto prima del tramonto. Lo trovò molto sorpreso, “ma come caspita può esserci riuscito?” si chiedeva tra sé e sé.
La sera l’omino andò nuovamente a chiamare Grullo e gli disse “Bene, adesso devi superare la seconda prova. Qui vicino c’è un lago e tu dovrai recuperare la chiave che apre la camera della principessa dispersa nei suoi bui fondali. Se al tramonto non la porterai, diventerai di pietra anche tu”.
Grullo di nuovo non dormì, all’alba si alzò e cominciò a nuotare di qua e di là lungo tutto il lago. Alla fine disperato si mise ad asciugare su una pietra e parlando a se stesso borbottò “Non riuscirò mai a trovare la chiave, per me non c’è scampo!”. Ma in quel momento alcune anatre che stavano vicino a lui lo sentirono e lo consolarono “Grullo stai tranquillo, tu una volta hai salvato noi e adesso noi salveremo te”. Andarono a chiamare tutte le altre amiche anatre ed esplorarono ogni centimetro del lago fino a che trovarono la chiave.
Grullo era pieno di gioia, ringraziò le sue amiche anatre e corse dall’omino per consegnargliela. L’omino era esterrefatto e non capiva davvero come avesse potuto trovare la chiave.
Alla sera lo chiamò e gli spiegò l’ultima prova che avrebbe dovuto affrontare. “Salirai sulla torre e troverai una stanza, con la chiave aprirai la porta e troverai tre letti e tre fanciulle una identica all’altra, non ci sarà nessuna differenza tra di loro, se non che una prima di dormire ha mangiato lo zucchero, una la melassa e l’altra il miele. Tu dal solo respiro dovrai capire quale delle tre abbia mangiato il miele”.

Pendente raffigurante due api che trasportano una goccia di miele, 1800 Prima dell’Era Comune, Creta

Grullo allora salì, aprì la porta e si mise ad osservare le tre ragazze. Non c’era nessuna differenza tra di loro, nessun odore che potesse indicargli quella giusta e cominciò a disperarsi. Ma la regina delle api che era poggiata sulla finestra lo sentì e volò vicino a lui dicendo “Grullo, non preoccuparti, tu una volta ci salvasti dal fuoco e noi adesso salveremo te”. La regina delle api cominciò ronzare nella stanza e andò ad assaggiare la bocca di ogni fanciulla:“Mmm…no questa è melassa, no, no, questa è zucchero”, infine volò dalla terza fanciulla e disse “Questa ha mangiato il miele!”.
Così Grullo la accarezzò sulla fronte, la fanciulla si svegliò e insieme andarono a soffiare su ogni cosa nella stanza e nel bosco. Tutto ritornò alla vita e gli abitanti del bosco prepararono una grande festa, ballando e cantando tutta la notte. Il consiglio degli animali e delle piante si riunì per sancire la nuova alleanza con l’umanità. E le pietre sorrisero.

L’Amazzone Morente

Non so descrivere il dolore che mi ha procurato la vista di questa scultura, ancora prima di metterla a fuoco e di capire esattamente cosa fosse​.
“Certo, è l’abbattimento di un’amazzone” ho realizzato, sussultando dentro di me.
Bisognava rappresentarne ancora la bellezza e la sensualità per esaltare a pieno la vittoria, non bastava ritrarre una donna in battaglia, era necessario ribadire il mito della guerra e godere della sua sconfitta e della sua agonia. Non era semplicemente la morte di un’eroina, ma quella della millenaria cultura politica e spirituale matriarcale, l’unica vera civiltà che abbiamo conosciuto dal principio della storia del mondo. 
La dea che reggeva o mostrava fiera il proprio seno, non solo come espressione di nutrimento e rigenerazione, ma anche come energia sciamanica vitale e protettiva ora è finalmente disarcionata, come una delle sue audaci figlie. É un dolore che ogni donna contiene nelle sue cellule e può riconoscere nell’immediato, senza nemmeno sapere perché. 
La targa riportava la semplice descrizione “Amazzone Morente”. Era Antiope? Era Ippolita o Pentesilea? Lì in quella terra che ora chiamiamo Turchia e che tutt’oggi genera donne-dee dal coraggio stellare. Era una delle combattenti di Kobane? Era Sakine o Azime o Fidan o la giovane e sorridente Anna Campbell? Era ed è tutta Afrin, era ed è quella morsa che sentiamo ogni mattina alzandoci e che piano piano con fatica cerchiamo di trasformare, ritornando al centro di noi stesse per attingere alla forza spirituale di quell’antico fiero seno.

Appena superato il muro di entrata accanto al quale è posizionata la statua si incontra la bellissima Artemide Efesia, chissà se chi ha allestito il museo sapeva che proprio a lei le amazzoni dedicavano numerose cerimonie? Io mi ci metto accanto e mi risale un po’ di gioia.

Immagini e Testo © Morena Luciani Russo.

Ai sensi della legge legge 248/00 il presente materiale può essere utilizzato solo citando l’autrice e la fonte, previo richiesta scritta.

Immagine: Amazzone Morente, II sec. E.C. Collezione Farnese, copia romana. Museo Archeologico di Napoli. Foto dell’autrice.

La Forza delle Donne tra Cerchi e Tamburi, articolo del Corriere della Sera

Intervista del Corriere della Sera, a cura di Dario Basile.

Articolo pubblicato il 23 Luglio 2018.

 

Dopo la lettura di questa bella intervista, è consigliato uno sguardo all’articolo che Daniela Degan ha pubblicato su COMUNE INFO, per spiegare la giusta accezione del termine “matriarcato”, che non è da interpretarsi come speculare a “patriarcato”, quindi “dominio delle donne”, come sostiene erroneamente il Corriere della Sera nel riquadro in basso.

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I Nuovi Uomini

Uomo e Cigno, © Morena Luciani Russo 2012, Marker su carta.

Ad EST là dove giace la Prima Donna violata dagli uomini del Patriarcato in preda al veleno della Rabbia, ci sono i nuovi uomini che si scusano e lavano le ferite guidati dalla Compassione e da un cuore puro come il cristallo. E io ringrazio questi uomini.A SUD là dove giace la Prima Donna picchiata dagli uomini del Patriarcato in preda al veleno dell’Arroganza, ci sono i nuovi uomini che accarezzano i lividi e si impegnano a trattare le donne e tutti gli esseri con Equanimità. E io ringrazio questi uomini.

Ad OVEST là dove giace la Prima Donna uccisa dagli uomini del Patriarcato in preda all’Ossessione e alla Brama di possesso, ci sono i nuovi uomini che piangono il cadavere e imparano ad agire secondo le regole del Discernimento e degli effetti delle proprie azioni. E io ringrazio questi uomini.

A NORD là dove rimangono le ceneri della Prima Donna bruciata dagli uomini del Patriarcato in preda alla Gelosia, ci sono i nuovi uomini che cantano ai fantasmi e respirano i segreti della vita ciclica e del Cambiamento. E io ringrazio questi uomini.

Al CENTRO là dove giace la Prima Donna senza Storia, sfinita dall’Annientamento della mente patriarcale che ogni cosa ha diviso, ci sono le nuove donne e le vecchie donne intorno all’Albero della Vita, Madre di Ogni cosa, Nutrice che congiunge il cielo con la terra. I nuovi uomini non fuggono, si siedono sulle Radici e raccolgono le mille perle disperse in mezzo all’erba, onorando la legge della Madre. E io ringrazio questi uomini.

Postfazione di Morena Luciani Russo al libro “Per non Condannare a Morte l’Amore” di Mario Bolognese.

Testo liberamente ispirato alla pratica delle 5 Dakini nella versione di Vicki Noble. 

Immagini e Testo © Morena Luciani Russo. Il presente materiale può essere utilizzato citando l’autrice.